Notte prima degli esami

Avete mai letto l’annuario scolastico di una persona che sta per essere bocciata? Io sì, ed era il mio. Ho avuto la stessa sensazione di allora, ovvero quella di leggere un elogio funebre in grande stile. Sono passati quasi 20 anni e tutto è cambiato. Quell’annuario però, una delle cose migliori fatte dal mio liceo, è una macchina del tempo, una fotografia accurata della mia adolescenza. È il racconto dei miei anni al liceo, delle comparse e dei protagonisti del mio film. È uno scrigno che racchiude sogni, desideri, promesse infrante e ambizioni appassite. Come la maggior parte dei miei conoscenti, ho perso l’anno in terzo; quell’estate sembrava un’epidemia ed ovunque andassi, incontravo persone che avevano ricevuto la mia stessa sorte. Lì capii il vero significato di quegli aforismi da instagram: la vita non è ciò che ti accade, ma come reagisci a ciò che ti accade.

Non sapevamo di essere quella pallina di piombo sparata a duecento chilometri all’ora verso il futuro; un futuro che è quella guerra che stiamo combattendo oggi. Nel mezzo, c’è stata lei: la notte prima degli esami. La conclusione di un percorso, la fine della leggerezza e l’inizio delle responsabilità; gli ultimi attimi di estate e il sorgere della fase autunnale della nostra vita. Durante quegli ultimi giorni di liceo ho vissuto per la prima volta una sensazione che mi avrebbe accompagnato per il resto della mia vita; quel velo di malinconia che si staglia su di me e mi impedisce di godere pienamente la felicità del momento perché sono troppo impegnato ad intingermi nella nostalgia nello stesso istante in cui lo sto vivendo.

Non è facile spiegarlo, ma se vi capita la stessa cosa, sono sicuro che mi capirete. È come prendere la rincorsa per tirare un calcio di rigore e prima di impattare la palla, provare la nostalgia per i festeggiamenti di quel trofeo conquistato grazie al gol segnato. La notte prima degli esami è la luna e troppo spesso ci fermiamo a guardare il dito che la indica. Quelle ore di tensione sono il climax della nostra esistenza; i preliminari prima del sesso, la coda prima del concerto, la gravidanza prima di un parto. Un evento, seppur così simbolico e catartico, non può trascendere dal suo contorno.

Non guardare indietro pensando solo a quel 4 in matematica. Ripensa ai timidi sguardi di intesa tra i corridoi, alle sigarette prima che suonasse la campanella, alle risate della ricreazione, al sesso fatto di pomeriggio quando i suoi erano a lavoro. Ripensa alle amicizie che sono rimaste intatte e a quelle che pensavi fossero eterne e che invece si sono sciolte dopo due mesi di università in città lontane. Ripensa ai lavori che sognavamo di fare e quelli che ci siamo ritrovati a fare, a quei muri scorticati che hanno assistito ai baci più passionali. Ripensa all’autobus che ti portava a casa mentre il lettore cd portatile ti parlava di lui. Ripensa al vomito in camera, agli shots di vodka alla, alle scuse per tornare un po’ più tardi la sera e alle uscite in cui ti sentivi un pesce fuor d’acqua soltanto per guardarla per un’istante. Ripensa ai “ti amo” frettolosi e a quelli rimasti in canna; alle scorribande con la macchina di papà e alle risse fuori dai locali. Ripensa a quella professoressa stronza che adesso comprendi un po’ di più. Ripensa al futuro brillante che immaginavamo sotto le stelle prima di finire a fare cose che non avremmo mai pensato di fare. Ripensa al fatto che a 16 anni i trentenni per noi erano vecchi e adesso ci sentiamo 16enni in balia delle onde.

Ripensa a tutti i sogni che ci eravamo promessi di vivere insieme che si sono trasformati in indifferenza.

Perché dopo la maturità il tempo corre al doppio della velocità ed i rapporti si sfaldano, le distanze si dilatano e le vite prendono bivi che a volte sono davvero strani. Adesso siamo cambiati. Sogniamo di meno, abbiamo meno tempo, ci emozioniamo più raramente. Baciamo con meno passione, abbiamo meno fiducia nel domani e ci barcameniamo nelle incertezze. Eppure qualcosa che non è cambiato, c’è. I dubbi, le delusioni, alcuni amici, la voglia di farci sorprendere e la paura di sbagliare. In fondo siamo sempre gli stessi, è soltanto cambiata la scenografia. Abbiamo qualche Invicta in meno e qualche passeggino in più; abbiamo meno fiducia nell’amore ma qualche invito a matrimoni di amici che ci fanno ben sperare. Camminiamo sulla fune in equilibrio con l’adrenalina che ci tiene in equilibrio senza farci cadere nel buio dei punti di domanda.

La scatola dei ricordi puzza di anni 2000 e dentro ci sono i nostri sms, i pantaloni a vita bassa e pagine di diario stropicciate che ci riportano alla nostra vera essenza. Quella di sognatori che hanno paura di sbagliare ancora una volta la scelta del sogno in cui credere.

“La Guerra dei 30 Anni” è anche su Instagram

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